Roma, 11 giugno 2025- Uno studio chirurgico di Roma è stato teatro del malore che ha colpito una donna di 47 anni, deceduta alcune ore dopo un intervento di liposuzione. Un appartamento vuoto: nessun macchinario di primo intervento, come il defibrillatore, nessun archivio sulle attività svolte, né la cartella clinica della paziente.
Lo studio medico di via Francesco Roncati, nel quartiere Primavalle a Roma, dove sabato una donna di 46 anni è stata colta da un malore fatale nel corso di un intervento di liposuzione, si è presentato agli occhi degli inquirenti che lo hanno perquisito come una struttura fantasma.
Nessun documento, nessun atto, né attrezzature che attestino cosa avvenisse in quell’ambulatorio dove Alcivar Chenche Ana Sergia si era recata, assieme al marito, forse attirata dai costi contenuti pubblicizzati su internet. In realtà, quella struttura operava da molto tempo senza alcuna autorizzazione.
Su questo aspetto è intervenuto anche il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, annunciando che si sta lavorando “assieme all’ordine dei medici, a un provvedimento che consenta, attraverso un QR code, una chiara identificazione di ciò che in uno studio medico è possibile fare, con un richiamo, anche alle specializzazioni del personale medico che lavora in quello studio”.
Il titolare, il dottor Jose Lizarraga Picciotti, cittadino peruviano di 65 anni, nonostante l’assenza dei certificati, continuava — anche grazie ad una massiccia promozione sui social — a fornire interventi di chirurgia estetica e in molti lo continuavano a scegliere per sottoporsi ad operazioni anche invasive che richiedevano anestesie o sedazioni profonde. Negli anni, tuttavia, lo studio di via Roncati era finito sotto la lente della Procura e dei carabinieri del Nas, tanto che il titolare era stato rinviato a giudizio per irregolarità amministrative. Risposte, intanto, sulle cause della morte arriveranno dall’autopsia che verrà effettuata giovedì.
I pm, coordinati dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, hanno nominato tre consulenti. L’esame autoptico dovrà stabilire se la donna è deceduta per uno shock anafilattico, dovuto a una reazione avversa all’anestesia, oppure per errori durante l’intervento. Picciotti ha precedenti per lesioni legati alla sua attività: nel 2013 era stato condannato, dopo la denuncia di una paziente, ma nel 2015 l’accusa era stata dichiarata prescritta dalla Corte d’Appello. Chi indaga, in attesa di ascoltare il titolare, l’anestesista di 67 anni e l’infermiera, sta mettendo in fila tutti i tasselli finora raccolti.
L’équipe avrebbe tentato di rianimare la donna senza allertare immediatamente i soccorsi. In questo ambito, elementi utili alle indagini potrebbero essere forniti dall’analisi dei telefoni cellulari sequestrati agli indagati per omicidio colposo. Gli inquirenti vogliono ricostruire le comunicazioni intercorse tra i tre e, soprattutto, i tempi con cui è stato richiesto l’intervento di un’ambulanza privata e del 118. Da chiarire, infatti, perché il mezzo di soccorso abbia raggiunto il Policlinico Umberto I e non il Gemelli, che dista circa 10 minuti in auto dall’appartamento. La donna è arrivata al pronto soccorso alle 20:32 in arresto cardiocircolatorio e già intubata: sul mezzo di soccorso è stata anche sottoposta a massaggio cardiaco da parte dell’anestesista che la accompagnava. In ospedale si è tentato di rianimarla per oltre un’ora, ma inutilmente. Fonte: Ansa.it
Assomedicom: “Un osservatorio per monitorare la pubblicità sociale dei chirurghi plastici”
“I social hanno dato visibilità a chiunque” ha affermato Giancarlo Loiacono Bellavitis, presidente Assomedicom. “È ora di intervenire con un organo che tuteli il paziente bloccando le pubblicità che propongono sconti ed offerte sulla medicina estetica, e denunciando i relativi profili social all’ordine dei medici!”
A questo proposito Loiacono Bellavitis sta istituendo il primo osservatorio nazionale sulla pubblicità sanitaria. “L’utente medio cerca informazioni sui social, è attratto dalla migliore offerta anche quando si parla di salute. Il rischio è, come abbiamo visto, mettersi sotto le mani di qualcuno che non sia in grado di fronteggiare eventuali complicanze”.
La domanda che tutti si stanno ponendo in questi giorni è: fino ad ora chi ha monitorato l’attività di promozione dei chirurghi plastici? Nessuno.
“Sebbene le più grandi associazioni di categoria si stiano impegnando in una campagna di informazione orientata ai pazienti, i social restano “terra di nessuno” e, di fatto, non esiste un organo di sorveglianza ufficiale”. Da qui l’appello di Loiacono Bellavitis all’Ordine dei Medici al fine di sposare la causa di ASSOMEDICOM e riconoscere l’ufficialità dell’Osservatorio.
Magi (Omceo Roma): “Spero in un Qr code informativo obbligatorio negli studi medici”
“Durante il congresso della Società Italiana di Medicina Estetica, la Sime, che si è tenuto nei giorni alla Nuvola, ho lanciato la proposta alla Regione di creare un QR Code da apporre all’interno e all’esterno degli studi medici. Un QR Code che contenga tutte le informazioni utili al cittadino per capire se lo studio stesso sia autorizzato o meno e quale autorizzazione abbia e se gli operatori, i medici che lavorano in quello studio, abbiano o meno la formazione necessaria per garantire ai pazienti le prestazioni di cui hanno bisogno. È un modo utilissimo di usare la tecnologia e il digitale per poter dare prima alla persona tutte le informazioni di cui ha bisogno”. Lo spiega all’agenzia Dire il presidente dell’Ordine dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Roma, Antonio Magi, commentando il decesso della donna ecuadoriana di 46 anni, avvenuto al Policlinico Umberto I dopo un intervento di liposuzione effettuato in uno studio privato della Capitale, sprovvisto di autorizzazione da oltre dieci anni.
“Il presidente della Regione, Francesco Rocca, ha accolto favorevolmente questa nostra proposta– prosegue Magi- e sta lavorando per fare un emendamento a una legge sulle autorizzazioni agli studi per rendere obbligatorio il QR Code dopo l’estate. Bisognerà poi fare un protocollo d’intesa tra Regione e Ordine dei Medici per mettere a terra tutto questo, che, di fatto, tutelerebbe i cittadini e ostacolerebbe gli abusivi”.
Il presidente dell’Omceo della Capitale ricorda poi che “non bisogna assolutamente cadere nell’equivoco che i costi bassi garantiscano comunque sicurezza. Gli studi devono essere attrezzati per quel tipo di intervento e quanti vi operano devono essere professionisti esperti”.
Nel frattempo l’Ordine non può difendere i cittadini da medici che non siano iscritti. “L’Ordine non può controllare- precisa Antonio Magi- questa funzione è demandata alle Asl e alle Regioni o agli organi preposti alle indagini, come i Nas dei Carabinieri e la Guardia di Finanza”.
“Nel momento in cui viene accertato il reato penale- evidenzia il numero uno dell’Omceo Roma- aspettiamo la sentenza definitiva per poter agire a livello disciplinare. Non possiamo, però, comunicare quale sia il risultato dell’azione disciplinare, sia se si tratti di condanna o di assoluzione, perché lo stesso professionista fa ricorso alla Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie e passano altri anni prima che quella sentenza, fatta dall’Ordine e di tipo disciplinare, diventi esecutiva”.
Per Antonio Magi, però, la soluzione esiste. “Bisogna assolutamente accorciare i tempi e rendere maggiormente fruibili ai cittadini le nostre decisioni. Purtroppo, al momento, non possiamo comunicare, proprio perché il Garante ci obbliga alla privacy. Ma- conclude Antonio Magi- è più importante la privacy del singolo professionista o la salute del cittadino? Questa è una domanda che le istituzioni si devono porre”.
Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.