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La Cassazione dà ragione ai produttori di Cacio romano. Coldiretti: “Una vittoria per il territorio”

La Cassazione dà ragione ai produttori di Cacio romano. Coldiretti: “Una vittoria per il territorio”

Roma – “Coldiretti Lazio è sempre stata in prima linea per tutelare gli allevatori laziali e questa è una vittoria importantissima per tutto il settore. Abbiamo dovuto difendere il loro lavoro. Dopo anni di battaglia il Cacio Romano potrà avere una sua Dop a vantaggio di oltre cinquemila allevatori del Lazio, dove sono presenti più di 800 mila capi di ovini”.

Così il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri, sull’ordinanza della Cassazione che ha bocciato il ricorso presentato dal Consorzio per la tutela del formaggio Pecorino Romano Dop, sostenuto dai produttori di latte ovino sardo, contro la “Formaggi Boccea” che produce il “Cacio Romano”, appoggiata da Coldiretti Lazio e dalla Regione.

“Questa sentenza dovrebbe rappresentare un’apertura al riconoscimento del marchio DOP per il Cacio Romano, una richiesta che abbiamo avanzato da tempo – conclude il presidente Granieri – e da troppo tempo il dossier è fermo sui Tavoli ministeriali. La mancanza del riconoscimento del marchio Dop penalizza il Lazio. Questa scelta favorirebbe lo sviluppo del sistema zootecnico laziale, consentendo così l’utilizzo di una quota significativa di latte ovino, per la realizzazione di un prodotto di grande distintività e competitività sul mercato. Allo stesso modo sarebbe opportuna una distintività del pecorino romano Dop laziale da quello prodotto in Sardegna”.

Di fatto la Cassazione ha confermato quanto già stabilito dalla Corte di Appello di Roma che nel 2019 consentiva alla “Formaggi Boccea” di continuare ad usare il marchio “Cacio Romano” perché con il Pecorino Romano sussisteva la “radicale diversità dei prodotti e l’assenza di alcuna similitudine fonetica e logica delle due denominazioni”. Questo rendeva quindi impossibile ipotizzare “un agganciamento parassitario alla notorietà del marchio Pecorino romano”.

Per la Cassazione, in sostanza, la Corte di Appello “ha ritenuto le parole “Pecorino” e “Cacio” il cuore dei rispettivi marchi, ritenendo, invece, verosimilmente il termine “Romano” come una mera indicazione di provenienza e, come tale, non avente carattere distintivo”.

Si tratta dunque di due prodotti distinti, come sostenuto già nel 2019 dalla Corte d’Appello, che ha ritenuto il Pecorino Romano come un “formaggio aromatico e piccante, stagionato (a pasta dura o cotta), impiegato essenzialmente come formaggio di grattugia, prodotto con latte di pecora, mente il Cacio Romano come formaggio dolce, semistagionato, che richiama la caciotta a pasta molle di latte anche vaccino (riconducibile quindi alla mucca) che non si può grattugiare ed è quindi impiegato solo come formaggio da tavola”.

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